Giulio, ha un’espressione turbata, uno sguardo addolorato e a fatica trattiene le lacrime.
Ti guarda e dice: “Ieri l’oncologo mi ha detto che ho un tumore al polmone.
Sai…ho paura, ho paura di soffrire, di morire.
A tutti noi sarà capitato, o potrebbe capitare, di dover interagire con un familiare, un amico, un collega, un conoscente, cui è stato diagnosticato un tumore al polmone.
E tu sei in difficoltà e penserai: “E adesso cosa gli dico?”[ Link articolo precedente]
Non dobbiamo per forza dire o fare qualcosa. Anche il silenzio è una forma di comunicazione, di rispetto, di partecipazione emotiva, di comunione affettiva tanto profonda da non richiedere parole.
Impariamo ad ascoltare
Ascoltare vuol dire, prima di tutto, mettersi nei panni dell’altro, capire le cose dal suo punto di vista
Sei a casa di Giulio perché per te è una persona importante, il suo problema è importante, sei sono pronto/a a dedicargli del tempo e a condividere con lui emozioni che possono crearti tristezza, dolore ed angoscia.
“Ieri l’oncologo mi ha detto che: ho un tumore al polmone. Ho paura…
Una possibile risposta potrebbe essere questa:
“Capisco che anche solo pronunciare la parola tumore ti faccia paura, e che ti porti a pensare alla sofferenza, alla morte…”.
Starai pensando: “Ma come, ripeto come un pappagallo ciò che mi ha detto Giulio?”.
Ti sembra facile? Ma ti assicuro non lo è.
Prova a stare realmente vicino e ascolta le tue paure, il tuo dolore, consentirà a Giulio di aprirsi, di non sentirsi abbandonato in questa difficile e dolorosa situazione dove all’angoscia della malattia si aggiunge quella della solitudine.